martedì 28 settembre 2010

Ti parlo con immagini...

Lascio invadere la stanza già satura di calore
Dalle onde sonore di questa canzone che mi è stata rivelata
Sconosciuta ma intensa, dalla sonorità ormai amica
che mi circola dentro insieme al sangue
in un alternarsi di sensazioni di piacevole tristezza
come a volte succede

Provo a parlarti in immagini, non più parole, ma oltre.
Lo farei con gesti ma non mi è dato,
sarebbe ancora più evidente il fatto che in certi momenti
e con certe persone
le parole sono superflue, sono i pensieri quelli che passano
dall'una all'altra anima senza soluzione di continuità

Se chiudo gli occhi e ti penso
dopo aver letto le tue parole, cadute sul foglio con un'arte
che forse non eri consapevole di metterci
guardo la prima immagine che passa
subito dopo quella dei tuoi occhi arrossati e stanchi
ma sempre profondi come grotte misteriose,

vedo un tramonto rosso di fuoco sul mare
una vela sulla linea dell'orizzonte
e un gabbiano che passa lento davanti al sole
provando a fermare le ali per farsi portare dalla corrente
mostrando cosi di aver imparato ad usare anche per divertirsi
cio' che gli è stato dato per la sua sopravvivenza

Riapro le palpebre per una frazione di secondo
poi le riabbasso, e vedo un fiore, meraviglioso
grande da tuffarci il viso, con petali morbidi, profumati
è rosa, e ha petali di rosa, ma per qualche motivo
la mente mi dice che rosa non è
forse mancano le spine...

L'immagine successiva è un abbraccio di veli e non veli
La pelle lucida e abbronzata, due corpi che si sfiorano ripetutamente
Si allontanano per godere nel riavvicinarsi
E in una luce di sole radente che filtra tra scuri socchiusi
Si amano forte fino a diventare un tutt'uno
Per poi abbandonarsi ad ascoltarsi il respiro
Tra lacrime calde di gioia

Vedi se chiudo la bocca, fermo il cervello
lasciandolo andare soltanto per la via del cuore
queste sono le immagini suscitate dal solo evocare il tuo nome
che è ormai un'incisione indelebile
nella scorza del mio essere debole.

C. - 6 luglio 2008

Febbre



Sento il caldo sul mio corpo, febbre che sale nelle vene, vino caldo, speziato
i pensieri sono lacerati da fitte che li distraggono, mutandoli in cattivi presagi.

Ancora una volta il mio corpo non mi regge, non segue il mio volere
ma mi parla attraverso il suo linguaggio,
più sincero e schietto di qualsiasi persona.

Il miol tallone d'Achille, la mia gola brucia
mentre il cuore fa gli scherzi, sobbalza, rallenta e quasi si ferma
verde, giallo, rosso e poi ancora verde
concentrato sente che lo ascolto, gli do attenzione.

Vivo alterne emozioni,miriadi di sogni che mi accompagnano
in una notte senza sonno, in un esistenza senza segno
inseguendoli ad occhi chiusi, correre correndo oltre l'ultimo millimetro del burrore
capitolando per inezia, la terra divenuta aria, precipito

Che difficile restare aggrappati a quel ramoscello
dipinto sulla scarpata dagli inventori hollywodiani
sempre troppo piccolo, sempre troppo in alto per spiccare il salto.

Forse sono già più da nessuna parte,
forso sono già nessuno, cacciatore del nulla
profeta di idiozie, un uomo qualunque.

La malattia può essere una dolce compagna
sincera ed onesta perchè essa non ti mente
ti dice esattamente cosa succederà,
mentre la mia vita è muta
e sono stanco di inventarmela

Mi butterò, lascerò andare lentamente il ramoscello esausto
troppo tempo ha sostenuto il mio peso ed ora merita libertà
precipiterò forse sul fiume che mi porterà dove vorra
amici e nemici mi vedranno dalle sponde
mi indicheranno con la stessa attenzione di un bastano
rubato dall'abero dalla furia della tempesta
nessuno avrà più potere su di, neanche me stesso
diverrò quello che è scritto.


D. - 6 luglio 2008